Il 16 luglio 2022 è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa. Con l’introduzione di questa normativa, non solo sono stati definiti in maniera netta i casi in cui un’azienda può essere definita in crisi, ma sono stati introdotti anche alcuni cambiamenti specifici.
Da quando è stato emanato tale codice, infatti, non è più possibile parlare di fallimento d’impresa. Inoltre, dal momento in cui una data attività inizia a manifestare i sintomi di una crisi, essa ha l’obbligo di essere tenuta sotto osservazione in modo che tale situazione non si trasformi in qualcosa di irrimediabile.
Da questa breve introduzione, il concetto di crisi d’impresa potrebbe apparire piuttosto confusionario. Per questo, oggi, abbiamo deciso di approfondire l’argomento mediante un articolo che spieghi in maniera chiara che cos’è la crisi d’impresa e quali novità sono state introdotte dal nuovo codice.
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Cosa significa crisi d’impresa?
In ambito finanziario, la crisi d’impresa viene definita come quella situazione in cui un’azienda risulta incapace di generare flussi di cassa (sia attuali che prospettici) sufficienti a garantire l’adempimento delle obbligazioni già assunte e di quelle programmate per il futuro.
Quando un’azienda è in crisi, può essere difficile identificare la causa principale. Questo perché esistono molti potenziali fattori che possono contribuire a una crisi aziendale ed essi possono essere sia di natura endogena che esogena all’azienda. Per quanto riguarda la prima categoria di problemi, essi possono essere:
- Di natura finanziaria: per esempio una cattiva gestione dei fondi, spese impreviste o scarse vendite. Se un’azienda non sta generando entrate sufficienti per coprire i propri costi, alla fine incontrerà difficoltà finanziarie.
- Di natura organizzativa: ciò può includere questioni come la scarsa comunicazione o conflitti interni. Se c’è disarmonia all’interno di un’azienda, essa può portare a grossi problemi che alla fine possono degenerare in una crisi.
- Legati alla gestione del circolante commerciale: un’errata gestione del magazzino, ad esempio, è tra le cause più comuni di una crisi.
Problematiche di questo tipo possono portare l’impresa a uno stato di insolvenza che, nei peggiori dei casi, rappresenta l’inizio di uno scenario destinato a portare l’azienda al completo fallimento.
Crisi d’impresa: come evitarla
Per evitare che la crisi d’impresa sfoci in un completo fallimento, è bene adottare queste due tipologie di visioni:
- Una visione backward-looking: essa ci permette di avere una fotografia dello stato di salute dell’impresa (sia per quanto riguarda gli ultimi esercizi che gli esercizi in corso) e di valutare i possibili squilibri in termini di redditività, solvibilità e liquidità.
- Una visione forward-looking: essa ci da la possibilità di valutare in maniera prospettica se l’azienda, in futuro, sarà in grado di generare flussi di cassa netti positivi atti a ripagare i debiti nei 12 mesi successivi.
Nuovo codice della crisi d’impresa: cosa prevede
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa, le aziende hanno il diritto di dotarsi di un apparato commisurato alla dimensione e complessità aziendale, in grado di controllare l’organizzazione e le questioni amministrative e contabili dell’impresa. Il codice stabilisce due modi di agire differenti per l’imprenditore individuale e quello collettivo:
- l’imprenditore individuale: deve adottare tutte le misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi della propria azienda e, nel caso in cui identifichi la presenza di un effettivo stato di malessere, egli ha il compito di mettere in atto tutte le iniziative necessarie a farvi fronte.
- l’imprenditore collettivo: deve invece istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c.
Oltre a quanto appena detto, il Codice definisce anche i parametri in base ai quali un’azienda può essere definita in crisi. Nello specifico, per dichiarare un’azienda in crisi è necessario:
- Rilevare squilibri di tipo patrimoniale o economico – finanziario
- Verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme definiti nel comma 4
- Ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, comma 2.
L’imprenditore di un’impresa, quindi, deve dotarsi di una figura ( o più figure) in grado di controllare in modo continuativo l’andamento della propria azienda. Nel caso in cui venga accertato uno stato di crisi, allora l’imprenditore dovrà rivolgersi al Segretario Generale della Camera di Commercio affinché nomini un esperto che, con le sue competenze, sia in grado di risanare l’attività e riportarla al suo stato iniziale.
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